Camminavamo insieme per i sentieri sulle colline, e da quello che diceva si considerava parte del paesaggio, parte dei nostri possibili programmi.
Diceva che era importante essere autosufficienti, ma non potevamo andare avanti con la sola idea di sopravvivere. Diceva “dobbiamo fare delle cose che ci piacciono e ci divertono, anche, e hanno un effetto sul mondo di fuori. Non possiamo stare qui come dei rifugiati, dobbiamo trovare un modo di vivere che faccia rabbia, non compassione. Dobbiamo puntare a costruire un insieme più ricco e complesso di una famiglia, raccogliere in questo posto una varietà di persone che vogliono abitare vicine e dedicarsi ad attività diverse, anche non legate direttamente alla terra”.
Diceva “ci dev’essere altra gente che ha voglia di vivere al di fuori di tutte le scelte obbligate, e se lo sogna ma non sa come arrivarci, e magari per frustrazione entra in una setta religiosa o cerca disperatamente di diventare ricca o ci rinuncia e si ammazza. Mi fa impazzire pensare alle persone sensibili e piene di qualità che odiano il denaro e le industrie e le macchine e il potere, e perchè sono sole pensano di essere malate, si sforzano di adattarsi alla realtà e se ne fanno schiacciare. Dobbiamo trovare il modo di raggiungerle, mettere annunci sui giornali di tutto il mondo e parlarne con tutti i mezzi possibili, stabilire contatti”.
da "Due di due" di Andrea De Carlo
copywriter, content creator & web editor – Federico Sampaoli consulente tecnico per l’isolamento termico dell’involucro edilizio
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